La piccola partigiana del Baltico debutta al Lucca Comics
Grazie a “Lavieri edizioni” ora è possibile leggere in italiano uno dei fumetti più in vista alla Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna quest’anno: La ragazza con il fucile. Storia di una piccola partigiana, scritto da Marius Marcinkevičius e illustrato da Lina Itagaki (“Misteris Pinkmanas”, 2023), menzione speciale nella categoria fumetto (Bologna Ragazzi Awards).
Toma Gudelytė
ITLIETUVIAI.IT
La protagonista del libro è la piccola partigiana Magda, personaggio ispirato a una storia vera: quella di una bambina rimasta orfana di guerra e accolta nel bunker (un rifugio sotterraneo nei boschi) da una brigata dei partigiani lituani. La resistenza antisovietica nei paesi baltici (in Lituania, ma anche Lettonia e Estonia) è ancora poco conosciuta in Italia: durata un decennio intero, la resistenza baltica fu brutalmente repressa e soggetta all’oblio imposto dalle forze di occupazione. Pochi dei partigiani sopravvissero per testimoniare questa lotta, e il falso mito della “convivenza pacifica dei popoli sovietici” perdura ancor’oggi.
Gli autori del fumetto hanno scelto consapevolmente di raccontare la drammaticità e l’assurdità di guerra attraverso uno sguardo infantile, quello di Magda, per dare un tocco di leggerezza e di avventura, ma anche per ribadire l’importanza della memoria partigiana che andrebbe raccontata alle nuove generazioni di lettori con linguaggi più affini a loro, come quello del fumetto. L’edizione italiana è il primo “viaggio” de La ragazza con il fucile verso una lingua straniera (attualmente in corso di traduzione anche in inglese, francese, bulgaro e estone) e verso una cultura profondamente segnata dalla Resistenza.
La primissima presentazione dell’edizione italiana si è svolta nella splendida cornice del festival internazionale Lucca Comics and Games, luogo perfetto di incontro e dialogo tra diversissime voci e modi di raccontare il mondo. Come per Magda, anche per l’illustratrice Lina Itagaki è la prima volta al festival (Marius Marcinkečius per motivi di salute non ha potuto partecipare) e un’occasione preziosa per raccontare al pubblico il suo percorso personale e alcune particolarità di questo mestiere.
Sono molto felice che spesso le persone si fermavano a curiosare e infine lo prendevano, e anche stupita dall’età dei lettori: adulti che compravano il volume, non tanto per regalarlo a bambini o ragazzi, ma per loro stessi. Come vorrei che anche in Lituania esistesse questa cultura del fumetto e degli albi illustrati come in Italia!
In Italia Lina ha già pubblicato un altro fumetto di grande successo internazionale, Haiku siberiani (scritto da Jurga Vilė ed edito da “Topipittori”, 2019, trad. di Adriano Cerri), sempre improntato sul tema della memoria. Abbiamo chiesto a Lina di raccontarci l’esperienza al festival e della collaborazione con l’editore “Lavieri”.
Cara Lina, sei da poco tornata da Lucca Comics and Games, festival dove avete presentato l’edizione italiana del tuo fumetto La ragazza con il fucile. Quali impressioni ti porti a casa? Il festival ha corrisposto alle tue aspettative?
Avevo già partecipato a qualche festival di fumetto in altre città italiane, in Germania e in Francia, ma non mi è mai capitato di vedere così tante persone come a Lucca. Avevo sentito che i visitatori sarebbero stati molti, ma non potevo immaginare niente del genere. Per cui la mia prima forte impressione è stata: ma quanta gente!
Non avevo aspettative particolari, era difficile immaginare se avrebbero comprato il libro e chi sarebbero stati i compratori. Per cui sono molto felice che spesso le persone si fermavano a curiosare e infine lo prendevano, e anche stupita dall’età dei lettori: adulti che compravano il volume, non tanto per regalarlo a bambini o ragazzi, ma per loro stessi. Come vorrei che anche in Lituania esistesse questa cultura del fumetto e degli albi illustrati come in Italia!
Come spiegheresti in breve di cosa tratta La ragazza con il fucile?
È un libro che può essere letto su due piani diversi: come storia di questa ragazza coraggiosa e parecchio testarda, a cui capitano tante avventure e ostacoli da superare, oppure come un libro di impronta storica sui combattenti per la liberazione della Lituania. Dal momento che vediamo tutto attraverso occhi infantili, alcune cose vengono sottaciute, semplificate o, al contrario, esplicitate. Per esempio, non vediamo mai le crudeltà e la violenza vera di guerra. C’è tanta luce. Coloro che non sanno nulla della storia partigiana del Baltico o della resistenza in generale, pian piano lo scopriranno insieme a Magda.
Durante la presentazione hai raccontato del tuo legame speciale con il personaggio di Magda, delle paure e delle passioni che ci hai messo dentro. Perché con l’autore avete scelto proprio lei per raccontare la resistenza partigiana?
Innanzitutto, con Marius abbiamo deciso che la protagonista sarebbe stata una ragazza. Grintosa, spavalda, una che ti ispira e incanta, un po’ come Ronja, la figlia di brigante, ideata da Astrid Lindgren. E questo perché abbiamo ancora pochissime storie con protagoniste femminili che non siano principesse, ma delle eroine memorabili e semplici insieme, con cui vorresti identificarti. All’inizio Magda non temeva nulla, però una nostra amica ci fece notare che per i bambini è più naturale identificarsi coi personaggi che hanno qualche paura.
Coloro che non sanno nulla della storia partigiana del Baltico o della resistenza in generale, pian piano lo scopriranno insieme a Magda.
Allora ci siamo messi a ragionare di cosa avrebbe potuto avere paura Magda, e mi sono ricordata delle mie paure da bambina: la paura delle streghe, del buio, e di come provavo a sconfiggerle. Così un pezzo della mia infanzia finì per far parte del personaggio. Inoltre, spesso racconto della mia grandissima passione per i libri sui nativi d’America, c’è tanto di questo nella storia, mentre fu Marius a proporre di paragonare la lotta dei nativi contro i bianchi colonizzatori con la lotta dei partigiani baltici contro l’invasore.
Quale personaggio o episodio fu il più difficile da disegnare?
Ho disegnato tutti i personaggi, tranne Magda e Pranciškus, ispirandomi alle fotografie autentiche, custodite nei vari musei. Magda in realtà era nata qualche anno prima, era un personaggio di Minilibri (un progetto di cooperazione artistica nato durante la pandemia – nota della redazione), l’amavo tanto e sognavo di trasportarla in un libro più grande. Forse ho faticato di più immaginando Pranciškus, questo vecchiaccio cattivo e collaborazionista dei sovietici, volevo renderlo davvero antipatico.
Per quanto riguarda gli episodi, diversi erano complessi da disegnare, come quello dove Magda deve cucire le ferite del dottor Balys. Lì abbiamo delle angolazioni non facili, inoltre ho dovuto studiare bene come si cuce una ferita da taglio. Un altro episodio impegnativo fu quello dell’esplosione del bunker e del convoglio. Perché dovevo rendere con la matita il buco della terra, la dinamite che fa saltare tutto in aria. Emotivamente la più difficile fu quella scena dove Magda scopre, attraverso le suole degli stivali, la morte dei partigiani…
Nell’intervista ai Mercury Comics parli della rappresentabilità della guerra nei fumetti. Secondo te, bisogna tutelare i giovani lettori da certi temi difficili e cruenti o, forse, alcune storie vanno lette proprio da ragazzi?
Non so com’è per gli altri, ma io soffro di più la morte del personaggio leggendo un libro piuttosto che guardando un film. La letteratura riesce a trasmettere le sensazioni in modo tale che a volte ti si forma un nodo in gola. Mentre nei film e in tv vediamo talmente tanta morte che, forse, i nostri sensi si intorpidiscono. I bambini giocano alla guerra coi fucili giocattolo o coi video giochi, e questo, pare, non gli causi particolari apprensioni. Come se fosse tutto finto.
Per cui, credo, abbiamo bisogno che i libri per l’infanzia raccontino sia la guerra, sia la morte, per esercitare l’empatia e la sensibilità verso l’altro. Per aiutare a comprendere che la guerra è una cosa terribile e che le persone hanno una vita sola. Game over, nella vita reale, capita una volta soltanto.
Come è stato lavorare con l’editore italiano? Da traduttrice ho visto una grande cura in ogni fase del progetto.
È stato fantastico! Siamo andati subito d’accordo, ci siamo confrontanti sempre e il risultato è molto soddisfacente. Fin dall’inizio sentivo il loro entusiasmo per il nostro libro, uno sguardo attento e professionale. E quando sono arrivata a Lucca mi hanno circondata di attenzioni e amicizia, sono veramente commossa. Sono felicissima di aver conosciuto l’editore “Lavieri”!
Dalle domande del pubblico, durante la presentazione, si percepiva una forte preoccupazione riguardo la possibilità di trasformare questa passione in mestiere. Gli illustratori riescono a vivere di disegno? Cosa ti manca di più come autrice?
Alcuni illustratori ci riescono, altri no. Per me è impossibile vivere di questo, purtroppo. Il tempo che impiego a creare un libro non è corrisposto da uno stipendio dignitoso. Molti degli illustratori che conosco disegnano quasi per hobby, mentre tirano avanti facendo altri lavori. Ho passato tantissime delle mie estati a disegnare i ritratti dei passanti per le strade di una villeggiatura sul Baltico, ho lavorato come grafico, come insegnante di lingua giapponese e molto altro. Alla fine, ho deciso di lanciarmi e pubblicare io stessa i miei libri. Per cui, come autrice, mi manca il tempo e i mezzi economici.
Leggi ancora i libri per i ragazzi? C’è tanta differenza, secondo te, tra l’illustrazione per bambini e quella per adulti?
Sì, certo, leggo tantissimo! Ma più spesso guardo, le illustrazioni appunto. Credo ci siano delle differenze nel disegnare per l’infanzia e per l’età adulta, anche se i libri per piccoli possono piacere agli adulti, mentre il contrario è meno frequente.
Che augurio vorresti fare ai lettori del vostro libro in Italia?
Auguro di immergersi nella storia di Magda e di vivere tutte le avventure insieme!
Grazie Lina!
Parliamo del libro anche con il suo autore Marius Marcinkevičius, nel settembre scorso ospite insieme all’illustratrice Lina Itagaki in Lombardia con un workshop ispirato al loro fumetto, in occasione del raduno annuale della comunità lituana, quest’anno dedicato alla memoria partigiana.
Caro Marius, al festival di Lucca Lina ha raccontato del suo legame con il personaggio di Magda. Invece cosa lega te ai personaggi di questa storia?
Il mio legame coi personaggi di questo libro, come nel caso di molti lituani, è molto forte e personale. Nel mio ambiente, ma anche in quello dei miei amici, ci sono tante persone che conservano la memoria delle deportazioni e della resistenza. Invece la storia di una bambina partigiana mi è stata raccontata dalla nonna di uno dei miei amici, quella notte fatale del 1991 quando, dopo aver proclamato l’Indipendenza, le persone si sono precipitate a difendere il Parlamento e la torre della televisione dai carri armati russi a mani nude (gli eventi del 13 gennaio, con 14 persone morte schiacciate dai carri – nota della redazione).
All’alba, quando tutto volgeva al termine, noi eravamo accampati nella cucina di questo amico, a bere del tè e qualcosa di più forte, e la nonnina si è messa a raccontare dei suoi fratelli partigiani e di una bambina accolta nel bunker.
In breve, di cosa tratta La ragazza con il fucile?
Per me questo è un libro sull’eterno desiderio di essere liberi, sulla fatica di resistere, di non arrendersi, anche quando si rimane soli, senza nessun sostegno o alleanze, ma anche sulla forza di vincere le proprie paure e affrontare il lutto, senza perdere mai la speranza.
Nel libro ci sono molti momenti delicati e dolorosi, uno di questi riguarda il ritorno di Magda a casa, che non è più la sua casa, perché regalata ai coloni russi. La sua nuova casa diventa il bosco e il mondo del bunker. Quale episodio fu per te il più difficile da raccontare?
Per me l’episodio più complesso e impegnativo fu quello con il Dio pensatore, perché ci ho messo molti dei miei dialoghi interiori, riflessioni sul bene e sul male, lo stare al mondo. E poi, ovviamente, l’episodio in cui Magda scopre i suoi amici partigiani fucilati, amici che erano diventati la sua seconda famiglia.
È un libro sull’eterno desiderio di essere liberi, sulla fatica di resistere, di non arrendersi, anche quando si rimane soli, senza nessun sostegno o alleanze, ma anche sulla forza di vincere le proprie paure e affrontare il lutto, senza perdere mai la speranza.
In italiano è uscito anche un altro tuo libro, Sassolino (“Caissa Kids”, 2021), che affronta il tema dell’Olocausto nell’Europa orientale. Come scegli le tue storie, o forse sono loro a scegliere te?
In realtà non sto a crucciarmi tanto sulle storie, spesso mi basta uno spunto, a volte un titolo del film o una notizia sui giornali, una briciola di conversazione sentita per caso in un bar. A volte le idee nascono parlando con un editore, magari riflettendo come mai non abbiamo ancora un libro su questo o quell’argomento.
Qual è la differenza tra essere scrittore per ragazzi e scrittore per adulti?
È molto più difficile essere scrittore per ragazzi perché ti richiede molta più responsabilità. Di questi tempi si fatica a incuriosire i ragazzi, a catturarne l’attenzione offrendo un contenuto originale e accattivante, che sia di valore per loro. Abbiamo una forte concorrenza da parte di youtube o tik-tok, e anche dei videogiochi. Gli scrittori per l’infanzia condizionano i gusti dei futuri lettori, educano alla lettura e fanno crescere la nuova generazione dei lettori. Se noi smettessimo di scrivere e di interessare i giovani alla lettura, gli scrittori per adulti perderebbero il lavoro. Perché semplicemente non resterebbe più nessuno che legge.
Per questo a volte mi arrabbio quando i nostri colleghi che scrivono per “i grandi” si danno delle arie e affermano che scrivere per i ragazzi è uno gioco. Purtroppo, molte persone lo pensano. Ora che con Lina abbiamo aperto la nostra casa editrice riceviamo tantissimi testi di dubbia qualità con la richiesta di pubblicarle motivando: l’ho letto ai miei ragazzi e gli è piaciuto.
Che augurio vorresti fare ai lettori del libro in Italia?
Auguro di gustare questo libro e di leggerlo con tutta la grande famiglia italiana, dai nipotini ai nonni. Ragazzi, chiedete ai vostri nonni e bisnonni della resistenza partigiana, scommetto che scoprirete un mondo. E, ovviamente, mentre ascoltate le storie, vi auguro di non far bruciare la pizza!
Grazie Marius!
L’editore Marcello Lavieri dice di essersi innamorato del fumetto a prima vista. L’Italia, che nel 2025 festeggerà gli 80 anni della Liberazione dal nazifascismo, ha una storia di resistenza diversa da quella baltica, ciononostante la lotta partigiana è senz’altro un momento identitario comune a queste due memorie europee. Inoltre, secondo l’editore, il ruolo delle donne e delle ragazze nella resistenza andrebbe valorizzato: staffette ma anche combattenti, le donne prestavano giuramento e ricevevano un nome di battaglia, come un passaggio simbolico e cambio di identità.
Nel caso lituano, i partigiani venivano chiamati “fratelli della foresta” (le foreste erano vissute come isole di libertà nel territorio occupato), per cui spesso sceglievano i soprannomi come Quercia, Betulla, Falco ma anche Vagabondo, Uomo della Luna o Lunare, Pellegrino, per esprimere il distacco doloroso dalla nuova realtà in cui non avevano più posto.
Anche la protagonista del fumetto Magda, appassionata dalle storie sui nativi d’America con cui si identifica, sceglie come nome di battaglia “Cercatrice di Piste”, un omaggio a J.F. Cooper, ma soprattutto ai personaggi nativi immortalati dalla sua narrativa. Chiediamo a Marcello la sua lettura di Magda e del fumetto nel suo insieme.
Caro Marcello, siete di ritorno da Lucca Comics and Games, che edizione è stata per la casa editrice e per il libro La ragazza con il fucile?
È stata una edizione particolarmente ricca di novità e ospiti e al contempo sobria, a tratti melanconica per ragioni non riguardanti la fiera. Per La ragazza con il fucile. Storia di una piccola partigiana è stato il battesimo del fuoco: praticamente catapultato nel luogo aperto al pubblico a maggior concentrazione di fumetti al mondo (almeno in quel momento), il libro si è difeso da vero combattente. Siamo contenti del volume ovviamente e delle vendite, perché la maggior parte di esse sono state immediate, spontanee. È un libro che per tematica e aspetto si ama immediatamente (oppure si odia, il che ci fa onore lo stesso!).
Ci puoi raccontare come avete scoperto questo fumetto e perché l’avete scelto per il vostro catalogo?
Ci è arrivata una e-mail, penso dall’editore, all’indirizzo che diamo come partecipanti al Bologna Children’s Book Fair. È stato amore a prima vista, abbiamo risposto e pochi giorni dopo ci siamo incontrati con gli autori alla fiera di Bologna. Permettici pure di dire che portare a Lucca, pochi mesi dopo, un fumetto così lungo e tecnicamente elaborato (per quanto semplice a vedersi) è stato una operazione da registrare negli annali! Un libro del genere avrebbe richiesto il doppio del tempo solo di lavorazione. Essere riusciti a rifinirlo in tutto e portarlo sui banchi del Lucca Comics ti dà la misura di quanto sia piaciuto a tutti quelli che hanno partecipato alla lavorazione.
Storia di una piccola partigiana è stato il battesimo del fuoco: praticamente catapultato nel luogo aperto al pubblico a maggior concentrazione di fumetti al mondo (almeno in quel momento), il libro si è difeso da vero combattente.
Traducendo la storia di Magda mi tornava spesso in mente il personaggio calviniano di Pin, da Il sentiero dei nidi di ragno, a cui sono molto affezionata. Voi come avete letto questa storia? Cosa vi ha colpito in particolare?
Partiamo dal disegno, per noi è importante che l’immagine apra il canale di dialogo tra lettore e libro. Lo stile adottato da Lina Itagaki suggerisce subito urgenza narrativa, ma anche la vivacità e la freschezza che spesso ci piace negli storyboard e che dopo si rischia di perdere nelle versioni rifinite.
Questo, dunque, ci ha colpito come prima cosa. Per la storia abbiamo dovuto attendere la traduzione… sebbene dalle pagine si intuiva perfettamente cosa accadesse: i testi di Marius apparentemente lunghi non si perdono in descrizioni inutili, ma vanno ad arricchire ulteriormente l’atmosfera riportando pensieri che rifiniscono i tratti più delicati e sfuggenti delle personalità già sgrossate e scolpite dai disegni di Lina.
Perché è importare raccontare la resistenza partigiana ai ragazzi?
Bella domanda e sarei tentato di rispondere: perché no? Ma è una domanda seria e quindi…
Permettimi di partire da lontano. Adesso su due piedi ti risponderei: perché le fiabe non esistono più! Quelle con i mostri, i cattivi, il male, quelle fiabe ben congegnate per dare il giusto senso di brivido e di paura tra le braccia dei genitori, quelle sono state edulcorate man mano che le braccia dei genitori si sono come allentate, delegando alle sole storie (su carta, video, o altro) il compito pedagogico, o forse biologico, di avvisare i neo-umani dei pericoli che ci sono là fuori. Ovviamente le fiabe tradizionali esistono ancora, ma ora c’è una tendenza a nasconderle sotto al tappeto.
Raccontare la resistenza allora diventa, oltre che un’ovvia necessità civica, un modo per dire che là fuori ci sono delle forze in campo e che se, come persone, non ci formiamo una nostra idea del mondo, un giorno potremmo essere costretti a prenderne una da altri. Mi piace pure pensare che storie di questo genere possano rivelare ai più giovani che molte delle storie di fantasia che ci sono arrivate negli ultimi 80 anni – alcune molto entusiasmanti, di sopravvivenza, o famose, di combattimenti contro imperi malvagi – hanno avuto origine da racconti più crudi (come lo erano le fiabe), ma più veri ed eroici: i racconti dei partigiani di tutti il mondo.
Un augurio ai lettori di questo fumetto?
No, solo di goderselo.
Grazie!
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