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I ritratti dei regnanti di Lituania e Polonia vicino ai capolavori della galleria degli Uffizi

Nella galleria degli Uffizi, in uno dei più conosciuti e frequentati musei d’Italia, accanto ai capolavori del Rinascimento possiamo scorgere i ritratti delle personalità che hanno fatto la storia della Lituania. Sono i ritratti di Sigismondo Jagellone, Stefano I Báthory, Sigismondo Vasa, Anna D’Asburgo e Costanza D’Asburgo con il figlio Giovanni II Casimiro Vasa. Essi rivelano inaspettati intrecci familiari tra le monarchie europee. Mentre di fronte a La Nascita di Venere di Sandro Botticelli o al Tondo Doni di Michelangelo staziona la folla di turisti internazionali, davanti ai duchi e ai re della Lituania si fermano solo alcuni frequentatori. Solo pochi visitatori, colti e curiosi viaggiatori lituani o polacchi che s’interessano della storia del proprio paese, potranno riconoscere i loro volti.

Rūta Abaravičiūtė
ITLIETUVIAI.IT

La Toscana dista duemila chilometri dalla Lituania. Per questo, è sorprendente che le tracce lituane a Firenze siano documentate già da secoli, quando gli unici mezzi di trasporto erano i cavalli, le carrozze e le navi.

Le prime notizie sui viaggiatori da Lituania e Polonia risalgono all’anno 1406, quando l’ambasciatore Ladislao Vasa, descritto come Jan, doctor decretorum*, fu mandato da Ladislao I d’Angiò, re di Napoli. L’ambasceria aveva lo scopo di formare una lega contro l’espansione dei duchi del Lussemburgo. In cambio Ladislao Jagellone avrebbe appoggiato gli sforzi di Angiò per ottenere la corona d’Ungheria.

Sulla strada del ritorno che passava da Firenze, la Signoria della città regalò a Jan una coppia di leoni, un maschio e una femmina, come dono da consegnare a Ladislao Jagellone. I fiorentini raccomandarono di tenerli al caldo, giacché la loro patria era la rovente Africa. L’esotico regalo era solo una scusa per sistemare anche un certo signor Leonardo Bartoli, con tanto di lettera di raccomandazione per la sua futura carriera come fedelissimo servitore nella corte del re di Polonia e Lituania. È possibile che il “migrante economico” abbia raggiunto la sua destinazione; invece i leoni, che viaggiavano insieme a lui nell’inverno di quell’anno, probabilmente non videro mai il paese nordico…

Ma torniamo a Firenze e, soprattutto, alla sua bellissima galleria degli Uffizi, costruita dopo più di cento anni dalla visita dell’ambasciatore Jagiellonico. L’edificio inizialmente ospitava tutte le magistrature e gli uffici del granducato toscano, gli uffizi. Da qui il nome moderno della galleria. 

Il suo perimetro ricorda la lettera U, la quale è costituita da due corridoi lunghi e uno corto. 

I corridoi in questione sono quelli al secondo piano, che ancora oggi conservano gli affreschi e che ai tempi dei Medici non avevano le finestre e apparivano come un loggiato aperto.

A supportare questa tesi è stato un ritrovamento delle scanalature per l’acqua piovana nel pavimento. Ai tempi dei granduchi vi si potevano ammirare le sculture romane e una collezione di arazzi, oppure semplicemente osservare lo scorrere della vita cittadina nel piazzale sottostante. 

Oggi, evitando il flusso di turisti che si spinge verso l’Annunciazione di Leonardo Da Vinci, dopo aver ripreso fiato su una delle panchine nei lunghi corridoi, si potrebbero scoprire alcune cose molto interessanti. Certamente con una guida in grado di svelare tutti i segreti del museo sarebbe più veloce, ma anche da soli, armati di pazienza e magari dopo aver fatto qualche ricerca prima del viaggio, potreste provare la gioia della scoperta.

Sulle pareti del corridoio, in alto si susseguono i ritratti di piccole dimensioni chiamati la Serie Gioviana. Sotto questa serie, vi sono i ritratti di dimensioni maggiori che sono appesi più distanziati l’uno dall’altro. È la celebre Serie Aulica, che raffigura i membri della dinastia medicea. Ad eccezione dei propri parenti, i Medici hanno solo sentito parlare di molte di queste personalità. Spesso ricevevano loro ritratti come doni dagli ambasciatori e solo raramente avevano la possibilità di conoscerle dal vivo. 

La Serie Gioviana è stata realizzata su commissione di Cosimo I de’ Medici, imitando la collezione di personaggi storici già esistente nel museo privato del cardinale Paolo Giovio a Como, la sua città natale. Il pittore Cristofano dell’Altissimo ricevette dai duchi il compito di dipingere le celebrità del mondo, che inizialmente dovevano decorare la sala della Guardaroba in Palazzo Vecchio. Quando il numero dei quadri diventò maggiore di quanti la sala potesse contenere, Ferdinando I de’Medici, il figlio di Cosimo I, li spostò nel l’edificio degli Uffizi. Adesso ce ne sono 488.

I reali europei, i cardinali, i governatori musulmani, i filosofi, i poeti, le personalità della scienza e della cultura sono rappresentante in formato uniforme di 60x45cm. Sfortunatamente sono esposti in alto, e se hai deciso di curiosare da solo, dovrai faticare un po’ per identificarli, se vuoi trovare quelli che ti interessano.

Il primo personaggio di interesse per un lituano che troviamo qui è ritratto di profilo di Sigismondo il Vecchio Jagellone, con la scritta Sigismundus III Polo(niae)Rex. A destra si vede l’immagine di Stephan I Bàthory, dipinta da Marcin Kober nel 1583, probabilmente a Cracovia. Il suocero accanto al genero, quasi un avvertimento di comportarsi bene con la figlia Anna Jagellona. A dire il vero, S.Bàthory fu un re della Confederazione polacco-lituana, ma non immediatamente dopo il suocero Sigismondo. Prima regnarono il figlio di quest’ultimo, Sigismondo Augusto, e poi, molto brevemente, Enrico V di Valois. Tra l’altro, la madre del francese era la fiorentina Caterina de’ Medici, che all’epoca era la regina di Francia.

La serie contiene anche un ritratto di Giovanni III Sobieski con la scritta in latino Sobieski Rex Pol(o)n(ia)e. Grazie alla manovra strategica della Confederazione polacco-lituana, capeggiata da questo re, i turchi dell’Impero Ottomano, che nel 1683 assediavano Vienna, furono annientati. I turchi dopo questa disfatta lo chiamavano il “Leone di Polonia”, invece il papa Innocenzo XI lo onorò con la spada del difensore di cristianità. La memoria di Giovanni Sobieski ci illumina anche dal cielo, perché nel 1683 l’astronomo Jan Hevelius scoprì una costellazione che è stata chiamata Scutum Sobiescianum, “Scudo di Sobieski“.

A parte questi tre ritratti di modeste dimensioni, nei corridoi della galleria ci sono anche altre immagini dei duchi della Lituania. Qui si può vedere un ritratto di 185×94 cm a figura intera di Sigismondo Vasa, effigiato con il costume spagnolo, secondo la moda di quel tempo, che gli fu regalato dalla cognata Margherita D’Asburgo, moglie del re di Spagna Filippo III. Il quadro risale al 1610 circa e fu realizzato dal pittore tedesco Jakob Troschel, che trascorse la maggior parte della sua vita a Cracovia.

Il museo ospita anche un altro ritratto di Sigismondo Vasa, dipinto nel 1585 ca. da un pittore sconosciuto. Il principe, qui ancora molto giovane, appare in un corto mantello nero con i ricami d’oro, che valorizza le sue lunghe gambe, coperte da calze di seta cremisi. 

Nel corridoio, sotto la scritta della città di Prato, troviamo anche il ritratto di Anna D’Asburgo, la prima moglie di Sigismondo

La vediamo come una bella signora con le gote rosse di salute, che sfoggia un vestito regale ricoperto di perle, gioielli e pietre preziose. La sua mano è appoggiata ad un tavolo, dove si vede la corona reale. Anna morì a soli 24 anni, appena dopo aver partorito l’erede maschio della dinastia, Ladislao Vasa. Il vedovo Sigismondo Vasa dopo poco sposò Costanza D’Asburgo, sorella della moglie defunta. 

Il ritratto di quest’ultima fino a poco tempo fa era nel Corridoio Vasariano, che collega la Galleria degli Uffizi, il Ponte Vecchio e lo splendido Palazzo Pitti dall’altra parte del fiume Arno. 

Al momento in cui è stato scritto questo articolo, il Corridoio del XVI sec., costruito dall’architetto Giorgio Vasari era in restauro, motivo per cui tutti i quadri lì esposti si trovavano nei depositi, compreso il ritratto di Costanza. È curioso, che accanto a lei è dipinto anche il figlioletto, probabilmente Giovanni Casimiro Vasa, ultimo discendente della dinastia sul trono della Confederazione polacco-lituana. 

Prima di lui portò la corona suo fratello Ladislao Vasa. Tra l’altro, anche il ritratto di quest’ultimo si può trovare nel corridoio degli Uffizi. Uno sconosciuto pittore tedesco lo ha ritratto con un mantello di lana rossa, foderato di seta verde e con curiosi stivaletti bianchi con i tacchetti ai piedi; un trucco ingegnoso per aumentare la statura della Sua Maestà. 

Al contrario di tutti gli altri ritratti dei sovrani della Lituania e Polonia citati sopra, che sono pervenuti a Firenze come doni degli ambasciatori, con Ladislao Vasa i Medici si erano conosciuti di persona. Il futuro re della Confederazione polacco-lituana fu ospite a Firenze durante il suo viaggio in Europa nel 1624–1625. La visita non aveva un carattere ufficiale, perché il principe ventinovenne preferì viaggiare in incognito, volendo scoprire i nuovi paesi non come un ospite d’onore, ma come un semplice viaggiatore curioso. Non dappertutto passò inosservato, perché il gruppetto non era piccolo: vi erano il gran scrivano del Granducato della Lituania Stefano Paz, il cancelliere Albrecht Stanislaw Radziwill, il cortigiano Jan Gagenaw ed altri nobiluomini con la loro servitù a seguito.

Il viaggio durò un anno, durante il quale Vasa visitò l’Austria, la Svizzera, la Francia, il Belgio, la Germania e l’Italia. I suoi compagni descrissero le varie tappe del viaggio in alcuni diari molto interessanti, che sono stati analizzati da Daiva Mitruleviciute, la responsabile delle relazioni internazionali del Palazzo dei Granduchi a Vilnius, la quale, tra l’altro, è intervenuta nella discussione “Italia nella vita dei sovrani e dei nobili lituani”, organizzata dal portale ITLIETUVIAI.IT in diretta Facebook.

Nelle corti europee Vasa era ricevuto come il futuro re di Polonia e Svezia, e, soprattutto, come parente della potente dinastia degli Asburgo.

Ladislao conosceva quattro lingue, tra cui anche l’italiano, perché la sua bisnonna da parte di padre era Bona Sforza. La presenza del sangue italiano, l’ospitalità della gente e soprattutto la zia Maria Maddalena d’Austria, consorte di Cosimo I de’ Medici, granduca della Toscana, fecero sì che Vasa a Firenze trascorresse quasi un mese. 

Anna d’Austria, la madre di Ladislao Vasa, Costanza d’Austria e Maria Maddalena d’Austria erano sorelle. La zia Costanza diventò anche la matrigna di Ladislao Vasa, perché il padre sposò in seconde nozze la sorella della moglie defunta. La zia Maria Maddalena, purtroppo all’epoca già vedova, accolse suo nipote Ladislao nel lussuoso Palazzo Pitti, dove lui trascorse tre settimane.

La conoscenza dei cugini italiani, la caccia, il calcio storico fiorentino, la partecipazione alle feste cittadine, gli spettacoli di musica e dell’opera affascinarono il giovane principe. In suo onore furono fatte anche le dediche sui libretti degli spettacoli, che ora sono custoditi nelle biblioteche di Firenze.

Quando tornò in patria, Ladislao portò con sé non soltanto dei souvenir materiali, ma un ricco bagaglio culturale che influenzò la storia del teatro e della musica in Polonia e Lituania.

Si pensa che a Firenze Ladislao Vasa fece conoscenza con Galileo Galilei, che all’epoca fu un precettore in casa Medici. Si sa per certo, invece, che lo scrivano Stefano Paz incontrò la famiglia Pazzi di Firenze e fu accolto come un parente. Qualche volta basta solo una somiglianza del cognome ed un interesse comune per essere considerato uno di famiglia. Sui legami veri ed immaginari tra i Paz lituani e i Pazzi italiani si potrebbe discutere a lungo, ma questo potrebbe essere il tema per un altro articolo.


* Polacchi a Firenze. Viaggiatori e residenti, p.16, 2005, Nardini editore, Firenze

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