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Celebre in Italia, quasi sconosciuta in patria. La storia di Antonietta Raphaël Mafai

La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea e i Musei di Villa Torlonia custodiscono nelle loro collezioni alcune opere della celebre artista romana Antonietta Raphaël Mafai, di origini litvak (1895-1975). Da novembre la Galleria Nazionale ospita anche una sua mostra retrospettiva, Attraverso lo specchio. Ciononostante, pochi sanno che questa personalità di fama internazionale, esponente della corrente dell’espressionismo romano, sia originaria di Kaunas. Emigrata da piccola, senza mai farci ritorno, Mafai tuttavia amava presentarsi come lituana.  

Gabrielė Galinytė
ITLIETUVIAI.IT

Ultima fermata: Roma

Antonietta Raphaël Mafai nasce a Kaunas, in una famiglia di ebrei lituani. Dopo la scomparsa del padre, a soli dieci anni, emigra a Londra col resto della famiglia, dove rimane per quasi un decennio. Lì scopre la sua vocazione musicale: Mafai termina gli studi di piano presso la Royal Academy of Arts e inizia a lavorare come insegnante di solfeggio.

All’età di trent’anni, scomparsa anche la madre, Antonietta parte per un viaggio solitario: le sue mete sono Parigi, Roma, la Grecia e successivamente l’Egitto. Ma dopo alcuni mesi trascorsi a Parigi, il soggiorno romano, inizialmente temporaneo, diventa ben presto la sua tappa finale.

Antonietta Raphaël Mafai a Londra nel 1918 | Foto di Centro Studi Mafai Raphaël

Nel 1924 si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Roma, dove studia pittura e incontra il suo futuro coniuge Mario Mafai, anche lui pittore di fama. “Sono venuta a Roma con diversi progetti in testa e sono finita per sposare Mafai”, confesserà più tardi. 

Dopo la nascita della loro primogenita, la coppia si trasferisce in Via Cavour, in una casa destinata a lasciare una grande impronta nella vita culturale romana.

La celebre “Scuola romana”

Proprio in Via Cavour, nel grande salotto della casa del civico numero 325, nasce la Scuola romana, detta anche la Scuola di Via Cavour e attiva nel periodo che va dal 1928 al 1945. 

Presto il salotto artistico diventa il più importante luogo di incontro per i giovani pittori e i letterati della capitale, tra i quali anche Giuseppe Ungaretti. Gli storici dell’arte affermano che questo convivio artistico di Via Cavour, in casa della coppia Mafai, non nacque grazie a un programma o manifesto politico, ma fu il frutto di una sintesi culturale nonché di uno sguardo aperto sull’espressionismo europeo. 

I membri della Scuola romana si opponevano al canone della pittura neoclassicista che aveva messo le radici nel panorama artistico italiano dopo la prima guerra mondiale. I giovani pittori e scultori preferivano uno stile nuovo, più visionario e disordinato, in opposizione alla rigidità formale. 

Sulla Scuola romana è incentrato il museo, aperto al pubblico nel 2006 presso Villa Torlonia, nell’edificio di Casino Nobile. Qui hanno luogo diversi appuntamenti culturali e incontri educativi destinati a far conoscere la storia di Via Cavour n. 325, il movimento artistico e la sua eredità qui esposta. Gran parte della collezione è composta dalle opere di Antonietta Raphaël Mafai, tra queste anche la celeberrima composizione scultorea “Fuga da Sodoma”, risalente al 1935-1936. 

Composizione scultorea di Antonietta Raphaël Mafai “Fuga da Sodoma” | Foto di Centro Studi Mafai Raphaël
Il riconoscimento tanto atteso

Il palazzo in Via Cavour, cuore della Scuola romana, viene demolito verso il 1930, per far spazio alla “via dell’Impero”, il grande sogno urbanistico di Benito Mussolini (oggi Via dei Fori Imperiali). La famiglia Mafai si trasferisce a Parigi e successivamente a Londra, dove conosce lo scultore Jacob Epstein.

Dopo il ritorno a Roma, Antonietta Raphaël Mafai partecipa a diverse mostre della capitale, ma la sua carriera non fa in tempo a decollare: nel 1938 il regime fascista introduce in Italia le leggi razziali che escludono di fatto le persone di origine ebraica dalla vita professionale e sociale del paese. La svolta antisemita del regime costringe la famiglia Mafai a nascondersi, trovando un rifugio sicuro presso amici a Genova. Resteranno nel capoluogo ligure per diversi anni, subendo restrizioni e povertà, ma qui Antonietta realizzerà anche alcune delle sue opere più belle. 

Nel dopoguerra le opere di Antonietta Raphaël Mafai, prima giudicate troppo esotiche e stravaganti, iniziano ad ottenere i primi riconoscimenti da parte del pubblico e della critica.

1948 l’artista partecipa alla Biennale di Venezia e alla Quadriennale di Roma, mentre nel 1952 si esibisce presso la Galleria dello Zodiaco di Roma. Successivamente le sue opere viaggiano verso Pechino, Stati Uniti e numerosi paesi europei, esposte in mostre e in gallerie. Fu il critico d’arte Cesare Brandi a definire Antonietta “l’unica scultrice italiana”. 

Dopo la scomparsa del coniuge, Antonietta realizza numerose tele. Nel 1967 molte di esse vengono esposte nella mostra Arte moderna in Italia 1915-1935, a cura dello storico dell’arte Carlo Ludovico Ragghianti presso Palazzo Strozzi a Firenze.

Negli ultimi anni di vita la realizzazione delle composizioni scultoree diventa una sfida troppo grande, per cui Antonietta si dedica esclusivamente alla pittura e alla litografia.

L’artista riposa nell’area ebraica del cimitero monumentale del Verano, alla destra del Tempio Israelitico. La lapide della tomba Mafai si trova vicino alla scala del Tempio.

La mostra personale

Da questo novembre è possibile conoscere il patrimonio artistico di Antonietta Raphaël Mafai presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, in occasione della mostra Attraverso lo specchio. L’esposizione offre un vasto repertorio della sua produzione scultorea, presenta dipinti e schizzi e porta il visitatore all’interno della vita di Antonietta attraverso le pagine del suo diario e le fotografie di famiglia. La Galleria Nazionale inoltre ospita alcune opere del coniuge dell’artista, Mario Mafai.

La mostra è stata realizzata con la collaborazione dell’Ambasciata della Repubblica della Lituania in Italia e dell’Istituto Lituano di Cultura. Secondo l’ambasciatore Ričardas Šlepavičius, questa è un’occasione preziosa per far conoscere il nome della Lituania e insieme per promuovere il nostro patrimonio artistico.

“È importante sottolineare che una parte della nostra storia culturale è stata dimenticata. Questa mostra è un modo per riscoprire la parte perduta della propria memoria culturale”, dice Laura Gabrielaitytė-Kazulėnienė, addetta culturale presso l’Ambasciata della Repubblica della Lituania.  

Traduzione dal lituano di Toma Gudelytė

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