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Villa I Tatti vicino a Firenze – il regalo all’università di Harvard da parte di Bernard Berenson, il gentiluomo di Butrimonys

Vicino a Firenze, circondata da un lussureggiante e ben curato giardino, dietro la cortina di alti cipressi c’è Villa I Tatti, centro di ricerca sul Rinascimento italiano dell’università di Harvard. Il proprietario della villa era Bernard Berenson, ebreo lituano (un litvak), uno dei massimi esperti e collezionisti del Rinascimento italiano nella prima metà del XX secolo. Ormai da sessant’anni la villa appartiene alla celebre università di Harvard. B. Berenson, che trascorse l’infanzia vicino al lago Daugai, prima di morire fece un generoso regalo alla sua università, lasciando la villa con una preziosa collezione d’arte e un’importante biblioteca di ben 50 mila volumi. Egli desiderava che questo luogo diventasse un centro per la ricerca ed accogliesse gli studiosi del Rinascimento da tutto il mondo.

Rūta Abaravičiūtė
ITLIETUVIAI.IT

Nei dintorni di Settignano, paesino alle porte di Firenze, si può scorgere Villa I Tatti. La villa non ha mai temuto gli sguardi indiscreti perché la proprietà è delimitata da un ruscello, un muro dal lato della strada ed è inoltre protetta da una cortina di cipressi. Pochi fiorentini sono a conoscenza che dal 1961 la villa è il centro di ricerca per gli studi del Rinascimento dell’università di Harvard; ancor meno si sa del suo proprietario, l’ebreo di origine lituana Bernhard Valvrojenski. Questo perché i genitori di B. Valvrojenski nel 1875 lasciarono la Lituania, all’epoca governata dalla Russia zarista, per gli Stati Uniti d’America, dove cambiarono il cognome con tante consonanti in un più melodico ‘Berenson’ per facilitare la pronuncia anglosassone. Così Bernhard diventò Bernard Berenson.

Gli anni dell’infanzia, trascorsi nel paesino di Butrimonys nella regione di Alytus, lasciarono un’impronta indelebile nella variegata e lunga vita di Bernard, nonostante avesse solo dieci anni quando tutta la famiglia si trasferì da Butremanz (come veniva chiamato allora) negli Stati Uniti. In America il talentuoso ragazzo dall’Università di Boston presto si spostò alla prestigiosa Harvard, dove studiò linguistica e letteratura. Durante il tempo libero frequentava il Museum of Fine Arts, dove i suoi interessi si concentrarono sulla pittura italiana e dove conobbe la famosa filantropa Isabella Stewart Gardner.

Nel secondo semestre, dopo aver ricevuto una borsa di studio da privati benefattori, Berenson si traferì in Europa per studiare a Parigi. Da lì viaggiò a Londra e a Oxford, dove conobbe la sua futura moglie Mary Whitall Smith. Appartenente ai Quaccheri della Pennsylvania, era anche lei una letterata e storica d’arte; lasciò in Inghilterra le due figlie e il marito, sposato in un matrimonio senza amore, e nel 1890 si trasferì con Berenson a Firenze. Sotto il sole italiano sbocciò il loro amore, fino ad allora segreto, che sarà coronato dal matrimonio nella cappella privata di Villa I Tatti dieci anni più tardi.

B. Berenson con la moglie Mary Whitall Smith nel giardino di I Tatti | Foto di Biblioteca di Berenson, I Tatti – The Harvard University Center for Italian Renaissance Studies (courtesy of the President and Fellows of Harvard College).

L’interesse per le arti figurative spinsero i coniugi a viaggiare in Toscana, Umbria, Emilia-Romagna ed altre regioni dell’Italia settentrionale. Le scoperte lo affascinavano facendogli approfondire le sue conoscenze dell’arte italiana. Nel 1894 vide la luce il suo primo studio sui pittori del Rinascimento veneziano, mentre due anni più tardi uscì un’altra importante edizione sulla pittura fiorentina del Rinascimento.

Le conoscenze instaurate durante gli anni degli studi universitari con intellettuali, mecenati ed imprenditori spronarono Bernard a diventare non soltanto il connoisseur (esteta e intenditore d’arte), ma anche un esperto di attribuzione di opere ai singoli artisti quando mancavano le prove documentali di provenienza. Il suo servizio aveva grande richiesta e col passare degli anni diventò un’attività molto redditizia. All’inizio del XX sec. l’interesse per la pittura italiana ebbe una forte crescita non soltanto nei musei degli Stati Uniti e d’Europa, ma anche tra i collezionisti privati. E fu così che nella prima metà del XX sec., un ragazzo minuto ma energico e dotato di uno spiccato gusto estetico, diventò uno dei massimi esperti della pittura italiana.

La sua villa diventò luogo di attrazione di storici e critici d’arte. Intorno a B. Berenson gravitavano i direttori dei musei, gli specialisti ed appassionati d’arte ed i semplici curiosi. Lui era molto ospitale ed un piacevole interlocutore, la cui eleganza nell‘abbigliarsi era quasi leggendaria.

Lo scrittore Antanas Vaičiulaitis raccontò alla radio “Voice of America” come Bernard ricordava un episodio della sua infanzia, quando il padre scherzosamente gli metteva la testa sott’acqua nel lago di Daugai. Dei giorni dell’infanzia così diceva: “Ricordo bellissimi canti durante la mietitura e gli stupendi boschi di quelle parti. Lungo le strade si ergono grandi croci”. A. Vaičiulaitis ha accennato che Bernard non parlava lituano. L’unica frase che egli sapeva dire era “sakė pasakė”(it. “ha detto”, “disse”), che pronunciava se qualcuno dei loro ospiti diceva una fesseria, facendo anche l’occhiolino complice alla moglie. 

Nel suo testamento, B. Berenson lasciò alla sua Alma Mater, l’Università di Harvard, la notevole villa alle porte di Firenze con tutte le opere d’arte. Inoltre, essendo vissuto da emigrante, volle che il sito diventasse accessibile anche agli studiosi non soltanto statunitensi, ma anche a studenti e ricercatori di altri paesi. Diceva che niente allarga le vedute quanto la conversazione tra dotti forestieri.

Ogni anno la villa ospita professori itineranti, ricercatori e dottorandi. Su richiesta è possibile accedere alla biblioteca, visitare la villa con il suo giardino e scoprire la preziosa collezione d’arte, accompagnati dalla una guida anglofona. Osservando la Madonna col Bambino di Domenico Veneziano, si capisce perché quest’opera del XV sec. era il quadro preferito di Bernard Berenson.

Nelle stanze si possono ammirare anche artefatti provenienti dall’estero, perché gli interessi del litvak spaziavano anche oltre l’arte italiana. Questo testimonia le larghe vedute del padrone di casa e il suo concetto di bellezza universale. Rispettando le sue ultime volontà le opere non sono esposte secondo i criteri di un museo tradizionale: i visitatori possono ammirare un altare indiano del IV sec. o un antico vaso giapponese accanto ad un quadro raffigurante un santo cristiano. In ogni caso, in questo periodo le visite nella Villa I Tatti sono temporaneamente sospese a causa della pandemia.

Notevole è anche il giardino digradante verso la città di Firenze a valle; è stato progettato da Geoffrey Scott e Cecil Pinsent nel 1909 ricreando il giardino rinascimentale all’italiana. Nella parte alta adiacente alla villa c’era una cisterna d’acqua sotterranea, alimentata da un ruscello, che irrigava il terreno. Grazie a questo marchingegno i Berenson potevano fregiarsi di alberi e arbusti lussureggianti, circondati dal prato verde velluto come in Lituania, durante la calda estate italiana.

Trent’anni fa il giardino è stato restaurato ed ora è un museo a cielo aperto con bellissimi terrazzamenti in pietre a mosaico, sculture e arbusti modellati secondo l’arte topiaria. Una delle sculture raffigura lo stesso Berenson, che osserva la sua dimora terrena e sembra accogliere l’ospite.

La scultura di B. Berenson “accoglie” gli ospiti | Foto di R. Abaravičiūtė

Una delle clausole del suo testamento vietava la divisione della proprietà in più parti, perché il suo desiderio era di preservare l’integrità di questa amena e bucolica oasi. Firenze con i suoi meravigliosi monumenti doveva rimanere vicino, ma dietro i 30 ettari di cortina verde che protegge la villa dai rumori molesti della città e dai moderni mostri in cemento armato. A dimostrarlo c’è il vasto appezzamento di vigneti ed uliveti che si vede dall’alto intorno alla Villa I Tatti, che oggi forniscono il vino e l’olio non solo per le necessità interne della proprietà, ma anche a tutti gli altri che desiderano acquistarli.

Così dagli ex possedimenti di un litvak oggi si può trarre non solo bellezza per l’anima, ma anche il nutrimento per il corpo: il bello e il buono vanno sempre di pari passo. “Na, ir sakė pasakė”(it. “Che ha detto”, “disse”), penserebbe Bernard con Mary nei sotterranei della villa, dove giacciono nell’eterno riposo. Lei trapassò nel 1945 ad 81 anni e lui, nel 1959, alla veneranda età di 94 anni.

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