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La chiesa di S. Stanislao a Roma: il suo significato per la Lituania e le tracce conservate dell’identità lituana

La piccola chiesa di S. Stanislao, vescovo e martire, e l’omonimo istituto nel cuore del centro storico sono degli importanti punti di riferimento storico di Roma, di cui non solo gli attuali proprietari polacchi, ma anche i lituani possono essere orgogliosi. Il santuario, con il suo centro di pellegrinaggio e l’ostello per gli studenti, è stato un noto centro religioso e culturale per le comunità polacche e lituane dalla fine del XVI secolo all’inizio del XIX, dalla sua fondazione nella capitale dello Stato della Chiesa fino alla sua chiusura dopo l’occupazione di Roma da parte dell’esercito di Napoleone. Per quasi un secolo nell’istituto c’erano i rappresentanti della Russia zarista e all’inizio del XX secolo era diventato un importante centro di studi lituani: il rettore dell’istituto di S. Stanislao, il rev. K. Prapuolenis, diffuse con successo l’idea della Lituania come Stato attraverso la stampa italiana, combatté i suoi potenti nemici in Vaticano e fu determinante per far sì che il Papa Benedetto XV dichiarasse la Giornata della Lituania nel 1917.

Saulius Augustinas Kubilius
ITLIETUVIAI.IT

Le origini e il ruolo del Cardinale S. Hozjuszk

Nel 1575 il cardinale polacco Stanislao Osio (Stanisław Hozjusz 1504-1579), influente gerarca della Santa Sede e figura di spicco della Chiesa cattolica a Roma, fece notare che non esisteva un luogo unico nella città dove i suoi connazionali, i pellegrini dell’Anno Santo provenienti dalla Polonia e dalla Lituania, potessero riunirsi, mentre gli altri paesi cattolici europei avevano sempre avuto a Roma i loro centri nazionali e le loro chiese, che fornivano servizi materiali e spirituali ai pellegrini e ai visitatori, oltre che agli studenti. Nacque così l’idea di creare una chiesa nazionale con una casa per i pellegrini e un ostello per gli studenti del Regno di Polonia e del Granducato di Lituania.

Il Papa Gregorio XIII autorizzò il cardinale S. Osio ad allestire una casa per gli ospiti e pellegrini vicino alla Chiesa di S. Stanislao nel sito della dismessa chiesa del Santissimo Salvatore in Pensilis, costruita nel anno 13 a.C. sulle rovine dell’antico Teatro Balbo (uno dei tre teatri dell’antica Roma), nel rione Pigna del centro storico di Roma, in una zona archeologica di epoca antica. 

Il cardinale S. Osio, di origine tedesca, aveva stretti legami con Vilnius, la capitale del Granducato lituano. Il suo luogo di nascita ufficiale era Cracovia, ma alcuni storici non escludono che possa essere nato a Vilnius, perché nell’anno della sua nascita Ulrich Hozjusz, il padre di Stanislao, giunse in Lituania, lavorò a Kaunas, divenne il castellano di Vilnius (equivalente al sindaco odierno) e successivamente divenne gonfaloniere di Vilnius. Stanislao trascorse la sua giovinezza a Vilnius,  suo fratello Johann seguì le orme del padre e assunse la carica di castellano di Vilnius. Per saperne di più su Stanislao Osio cliccare qui.

La chiesa di S. Stanislao e la casa per gli ospiti e pellegrini furono allestite nel 1578, quando iniziarono anche i lavori di ristrutturazione dell’edificio. Il cardinale S. Osio della Chiesa romana ne diventa il fondatore mentre papa Gregorio XIII (1572-1585) il patrono. I sostenitori furono la granduchessa del Granducato lituano, la regina di Polonia, Anna Jagellona (1523-1596), e suo marito, il granduca del Granducato lituano e re di Polonia, Stefano Bathory (1533-1586), oltre ad altri magnati e nobili del Regno di Polonia e del Granducato di Lituania, in seguito della Confederazione polacco-lituana. 

Non è noto se la regina del Granducato di Lituania  e della Polonia, Anna Jagellona, moglie del re S. Bathory, avesse mai visitato l’Italia, ma la targa commemorativa presso la Chiesa di S. Salvatore e S. Stanislao è una testimonianza che la regina fu una delle principali sostenitrici di questa chiesa. Grazie alle donazioni della regina Anna Jagellona e del re S. Bathory, la vecchia chiesa era stata demolita e sostituita da un nuovo santuario. 

Vale la pena ricordare che la regina Anna Jagellona fece erigere una tomba a sua madre, la regina Bona Sforza nella città di Bari, mantenne stretti rapporti con il fondatore dell’Istituto di  S. Stanislao, il cardinale S. Osio, e tenne con lui una comunicazione scritta su importanti questioni finanziarie. 

Purtroppo, il cardinale S. Osio non visse abbastanza per vedere il completamento dei lavori di costruzione della chiesa di S. Stanislao e morì un anno dopo aver preso in consegna la chiesa nella città di Capranica, vicino a Roma. Fu sepolto nella Basilica di Santa Maria in Trastevere. La ricostruzione della chiesa era stata portata avanti dal suo segretario, il rev. Stanislaw Reska, che fu sepolto nella Chiesa de Il Gesù, accanto alla chiesa di S. Stanislao.

Il 13 ottobre 1591 ebbe luogo la cerimonia di consacrazione della chiesa dedicata al santo vescovo e martire Stanislao. Il cardinale Jerzy Radziwiłł aveva presieduto la cerimonia. La sua tomba si trova anche nella Chiesa il Gesù, la principale chiesa dei Gesuiti

In seguito, la chiesa di S. Stanislao fu utilizzata per celebrare le feste nazionali polacche e lituane, gli anniversari, l’elezione dei monarchi, celebrazione dei funerali, le nascite degli eredi e le venerazione dei santi patroni Stanislao, Casimiro, Adalberto e Giacinto. Si celebrarono le S. Messe di ringraziamento con Te Deum laudamus anche in occasione delle vittorie militari della Polonia e della Lituania, e nella strada di fronte al santuario si tenevano spettacoli pirotecnici. I migliori artisti dell’anno, compreso il Coro della Cappella Sistina, si esibivano nei concerti cerimoniali della chiesa, ai quali partecipavano aristocratici romani, rappresentanze diplomatiche e prelati ecclesiastici. Negli archivi della chiesa sono elencati i celebranti delle messe, gli oratori, gli ospiti d’onore e i donatori.

I sentieri della storia

Il santuario assunse l’aspetto attuale nel 1757, quando vennero completati gli edifici della casa degli ospiti adiacente e l’interno venne ultimato. La chiesa fu ristrutturata durante il regno di Stanislaw August Poniatowski, re di Polonia, motivo per cui sopra l’arco del presbiterio (sotto le volte) si trova il suo stemma personale con lo scudo “Toro”: al centro, un toro e ai bordi lo stemma di Confederazione polacco-lituana: due cavalieri lituani e due aquile polacche. Gli autori del progetto  del 1729-1757 erano gli architetti  S. A. Poniatowski e Ignazio Brocchi. La facciata è stata progettata dall’architetto Francesco Ferrari.

Quando l’esercito di Napoleone occupò Roma nel 1809, si impadronì della Chiesa di S. Stanislao e dell’istituto, espulse tutti gli abitanti e vi dislocò l’esercito. Fu legalizzato l’esproprio dei beni immobili della chiesa. I locali dell’istituto di S. Stanislao, la chiesa e i suoi edifici, vennero confiscati.

Dal 1815, dopo il Congresso di Vienna, l’istituto di S. Stanislao e la sua chiesa furono consegnati alla Russia zarista e l’ospizio fu trasformato in un centro per visitatori e pellegrini provenienti dalla Russia: “Ospizio Imperiale di S. Stanislao per Pellegrini della Nazione Russa”. La chiesa era stata trasformata in una chiesa ortodossa.

L’amministratore russo vendette la maggior parte degli oggetti di valore precedentemente appartenuti alla chiesa, rimase solo il reliquiario donato da Andrzej Stanislaw Zaluski, vescovo di Cracovia proveniente da Lutsk ed ex patrono dell’ospizio degli studenti di S. Stanislao e un ostensorio donato dal duca Stanislao Poniatowski, nipote del re S. Poniatowski e collezionista di arte antica che viveva in Italia.

Durante questo periodo, la Chiesa di S. Stanislao e la casa dei pellegrini erano amministrate dall’Ambasciata russa presso la Santa Sede. La nomina del rettore dell’Istituto spettava al Ministero degli Affari Esteri russo. L’ultima nomina russa a questo incarico era stata quella del rev. Kazimieras Prapuolenis, che si era guadagnato il titolo di primo rappresentante non ufficiale della Lituania presso la Santa Sede.

K. Prapuolenis, uno dei fondatori della Lituania moderna, difese gli interessi della Lituania attraverso la stampa italiana e in ambito vaticano e mantenne contatti con attivisti lituani in Russia, America e Svizzera. Egli aveva partecipato alla Conferenza di Berna dei lituani e aveva contribuito agli sforzi di coloro che si erano impegnati per far sì che il Papa dichiarasse il 1917 come Giornata mondiale della Lituania.

La restituzione alla Polonia

Nel 1920 la Polonia si riprese l’istituto di  S. Stanislao. Grazie alla mediazione del vescovo di Cracovia Adam Stefan Sapieha, la comunità polacca a Roma aveva acquisito i diritti sulla chiesa e sull’ospizio, anche se, secondo K. Prapuolenis, lituani, bielorussi e altri popoli dell’ex Repubblica polacca, liberati dall’ex impero zarista nel XX secolo, avrebbero potuto rivendicare la proprietà in egual misura.

L’articolo di J. Balsis, pubblicato nel 1921 sul bisettimanale di informazione politica “L’Eco di Lituania” (traduzione dall’italiano da Saulius A. Kubilius), spiega meglio la posizione di Monsignore e i diritti della Lituania sul santuario:

Con il crollo della Russia zarista anche l‘Istituto S. Stanislao ha perduto il suo illustre Rettore. Sorte le rivendicazioni nazionali (e tra queste in prima linea venivano i Polacchi) ai Polacchi appunti veniva trasmessa l‘amministrazione benché tutte le altre nazioni della ex repubblica polacca avrebbero dovuto aver la loro legittima parte nella proprietà dell‘Istituto, e cioè, oltre i Lituani,  i più seri pretendenti a questo immobile, gli Ucraini, Lettoni, Biancorussi e Prussiani, questi ultimi per ragione che la diocesi di Varmia faceva allora parte della detta repubblica e perché il vescovo di Varmia, Hosius, fu tra i fondatori dello stesso Istituto. Così almeno parlava e scriveva Mons. Prapuolenis, il quale, per suo dovere di storico e Rettore  di S. Stanislao, aveva studiato a fondo il problema dell‘Istituto ed era, pare, riuscito a mettere insieme tante prove da costituire una base alle rivendicazioni stesse.

Esaurite le polemiche più grosse, quelle di Zeligowski, Karfanty, della Galizia, anche questa di S. Stanislao potrà attirare l’attenzione di chi s’ interessa del vincolo polacco – lituani – ucraini – biancorussi – russi.“

Nell’articolo si sottolinea che il Monsignor K. Prapuolenis era una persona schietta, che amava la giustizia.

“Qualcuno nel proposito potrà dire che, Mons. Prapuolenis è sempre stato uno spirito vago di polemiche. Chi pensa così ha torto. E come avrebbe potuto vivere, quest’uomo, otto anni tra gli italiani, se veramente fosse stato un prepotente, intransigente, un elemento insomma insopportabile? Intanto, chi lo conosce a Roma, non può non deporre a favore del suo carattere schietto, benevolo con tutti, garbatissimo, ed amante anzitutto della giustizia. E’ vero poi, che egli non ha mai avuto nessun nemico personale, forse perché a nessuna persona ha mai voluto male. E’ però vero nondimeno, che contro lui si muovono, fuori dall’Italia, certi assalti perché Mons. Prapuolenis nella pratica delle sue persuasioni metteva la regola: amicus Plato, sed magis amica veritas.”

Nonostante le osservazioni di K. Prapuolenis, il santuario e l’istituto rimasero a disposizione della Polonia. Nel 1982 la chiesa ottenne lo status di parrocchia nazionale polacca a Roma. Sebbene i lavori di ristrutturazione avviati dalla diocesi di Cracovia abbiano subito ritardi (interrotti dalla Seconda guerra mondiale), la chiesa e l’ospizio, trasformato in albergo, sono stati finalmente restaurati nel 1991, lo stesso anno del 400° anniversario della consacrazione. Attualmente vi è la sede dell’Ufficio pastorale polacco a Roma. La chiesa di S. Stanislao ospita il Centro pastorale polacco, il Centro pastorale polacco per i migranti e il Centro pastorale della comunità polacca. La chiesa ha ottenuto lo status di rettorato dalla diocesi di Roma, mentre l’arcidiocesi di Cracovia supervisiona le attività della chiesa e dell’istituto.

Simboli lituani all’interno della chiesa

All’interno della chiesa c’è una navata con un altare maggiore e quattro altari laterali. Sull’altare maggiore si trova un dipinto del pittore italiano Antiveduto Grammatica, “Gesù con S.  Stanislao e S. Giacinto”.

Le targhe commemorative sono appese alle pareti a sinistra e a destra dell’altare. A sinistra ci sono le targhe alla regina Anna Jagellone e a suo marito, il re Stefan Bathory. A destra al -cardinale Stanislao Osio.

Nelle volte si trova l’affresco di Ermenegildo Constantini “La Gloria di S. Stanislao” (1774-1777). Alcuni attribuiscono questo affresco a Franciszek Smuglewicz, che visse a Roma dal 1763 al 1784. Al centro dell’affresco, alla destra del vescovo e martire S. Stanislao, è raffigurato il patrono della Lituania, il duca S. Casimiro Jagellone con un mantello blu chiaro e gli elementi iconografici attribuiti a lui: è inginocchiato in una preghiera, con un giglio in mano e il berretto del duca posato accanto.

Le pareti laterali del santuario sono ornate da altre opere significative: “S. Stanislao che risuscita un morto” di Tadeusz Konicz (n.d.a. autore era chiamato Taddeo Polacco, per cui durante gli anni si è pensato che fosse polacco, ma in realtà era tedesco); “S. Giovanni Canzio sovvenziona un povero” di Salvatore Monosilio;  “S. Edvige di Andechs” di Szymon Czechowicz”. 

Di fronte alla tela di S. Czechowicz sull’altare è esposta una piccola copia del dipinto  “Mater Misericordiae“ di Madonna di Misericordia della Porta di Aurora di Vilnius. È un dono alla Chiesa di S. Stanislao da parte di Janina Umiastauskienė, una contessa di Vilnius morta e sepolta a Roma. S. Czechowicz era un parente del pittore F. Smuglewicz, che visse a Roma dal 1711 al 1731.

Il dipinto “San Casimiro nella battaglia di Polotsk” di Franciszek Smugliewicz merita maggiore attenzione. Innanzitutto, lo stile di questo dipinto dai colori scuri e di difficile decifrazione è in netto contrasto con quello del dipinto di F. Smugliewicz del “L’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria “ nella Chiesa di San Vito a Roma.

Inoltre, si auspica che la tela possa essere restaurata, poiché l’aspetto scuro e sfocato di “San Casimiro nella battaglia di Polotsk “ potrebbe essere dovuto anche alla polvere del tempo o alla fuliggine delle candele accese. Soprattutto perché in questo dipinto sembra che F. Smugliewicz abbia dato a S. Casimiro un aspetto unico, diverso da qualsiasi altro S. Casimiro. 

L’opera rammenta il miracolo di S. Casimiro, che assicurò la vittoria dell’esercito lituano nella battaglia contro i moscoviti a Polotsk. In questo dipinto, il Santo duca non prega, non si inginocchia e non guarda l’immagine della S.S. Beata Vergine Maria, non tiene in mano il simbolo della castità – il giglio, e la corona non è vicino da qualche parte, ma sul suo capo. 

Inoltre, il duca è raffigurato senza cavallo e non c’è alcun fiume o guado che, secondo il racconto dell’evento miracoloso, egli avrebbe indicato alle sue truppe per poter attraversare in sicurezza. 

In questo dipinto, il santo è già alle porte della città e agita le mani, come se guidasse i soldati  avanti (verso la battaglia). Si trova nel bel mezzo di una feroce battaglia, le frecce volano intorno, i soldati muoiono, tutto è avvolto dal fumo e dall’oscurità, qualcosa brucia: tutto è tragicamente spaventoso, e la misteriosa figura di S. Casimiro emette una luce. Tra l’altro, la data di realizzazione di questo vittorioso dipinto di S. Casimiro Jagellone (realizzato nel 1774) a Roma, ma non si conoscono tuttora i suoi committenti e i mecenati. 

Nella sacrestia della chiesa sono appesi i dipinti “Santa Kinga” e “La Nostra Signora di Kodeń” di F. Smugliewicz. Quest’ultimo è avvolto dalla leggenda secondo cui il dipinto originale fu rubato da Michele Sapiega (1581-1644) dalla cappella di Papa Urbano VIII, per cui fu scomunicato. Il duca pentito fu perdonato dal Papa e gli fu consegnato il dipinto, che fu portato a Kodeń. Nel 1625-27, Michele Sapiega continuò il suo Grand Tour in tutta Italia.

Inoltre qui si possono ammirare altri dipinti di S. Czechowicz  “S. Stanislao Kostka” e “La vita S. Stanislao martire”  (tre dipinti) uno di Guido Reni “Il Crocifisso”  (copia).

Le targhe commemorative

Il pavimento della chiesa è ricoperto da decine di targhe commemorative dei personaggi della chiesa e dell’Istituto di S. Stanislao, dei principi e nobili polacchi e lituani morti a Roma, dei pellegrini e, forse, degli studenti. Alcune targhe sono incastonate nelle pareti. 

Alcuni nomi sono legati alla Lituania, al Granducato di Lituania: Dorota Liubomirskytė 1807-1832, i nomi di Teresa Czartoryska e Henryk Ludwik Lubomirski (sua madre Ludwika Sosnowska dal Granducato di Lituania, amata da T. Kosciuszko); Samuelis Kazimieras Hladovickis, Equitem Lithuano (1629-1697) parroco di Skuodas e canonico di Vilnius, segretario del Granducato lituano; Martynas Pranciškus Dalevskis (morto nel 1670); Petras Narbutas, Nobilis Lituanus (morto nel 1633 all’età di 18 anni); Walerian Meysztowicz (1893-1982), nobile di Pajuostis, prelato di Vilnius, diplomatico della Santa Sede, editore di lituano e polacco.

La Chiesa di S. Stanislao e i papi

La chiesa è stata visitata in tutto da 5 papi: Alessandro VII (1657 e 1661), Clemente X (1672) e Innocenzo XI (1683). Già nel dopoguerra, la visitarono il Papa S. Giovanni Paolo II (1979, 1992, 2000) e Papa Francesco nel 2014. La chiesa è stata visitata anche dall’ex delegato apostolico in Lituania, il futuro Papa Pio XI, l’arcivescovo Achille Ratti, prima che diventasse vescovo di Milano.

Traduzione dal lituano da Ieva Musteikytė

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